Riflessioni sulla scoperta di polimicrogiria associata a KCNMA1

 

 

GIOVANNI ROSSI

 

 

NOTE E NOTIZIE - Anno XVIII – 30 ottobre 2021.

Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento è oggetto di studio dei soci componenti lo staff dei recensori della Commissione Scientifica della Società.

 

 

[Tipologia del testo: RECENSIONE]

 

La polimicrogiria è una malformazione dello sviluppo della corteccia cerebrale caratterizzata da un eccessivo ripiegamento del manto corticale del cervello con la formazione di un eccessivo numero di circonvoluzioni cerebrali anomale associate ad alterazione della normale struttura corticale esalaminare umana. Il campo di studi della polimicrogiria attualmente presenta una raccolta eterogenea di caratteri morfologici desunti da studi di neuroimmagine, dati di neuropatologia e associazioni con manifestazioni cliniche, senza risoluzione in un quadro schematico e coerente dalle cause alla prognosi, perché si ritiene che la malformazione sia l’espressione evidente di etiologie multiple sottostanti.

Negli anni recenti, varie alterazioni dell’embriogenesi corticale, inclusa la polimicrogiria, sono state attribuite a patologie dei canali del glutammato e del sodio. L’attenzione di recente è stata focalizzata sulla sotto-famiglia M alfa1 dei canali del potassio attivati dal calcio, ossia KCNMA1, il cui gene codifica ciascuna delle quattro subunità che creano il grande canale del potassio a conduttanza del calcio e attivato dal voltaggio “Big K+”. Le canalopatie di KCNMA1 sono associate a varie anomalie neuroanatomiche e disturbi neurologici, quali epilessia, atassia, discinesia parossistica, ritardo dello sviluppo e disturbi cognitivi.

Denis Graber e colleghi coordinati da Bertrand Isidor hanno riportato in questi giorni il primo caso di polimicrogiria associato a KCNMA1, che ha suggerito ai nostri soci una riflessione più ampia sui rapporti tra livello molecolare e organizzazione macroscopica della corteccia cerebrale.

(Denis Graber et al., Polymicrogyria in a child with KCNMA1-related channelopathy. Brain Development – Epub ahead of print doi: 10.1016/j.braindev.2021.09.009, 2021).

La provenienza degli autori è la seguente: Department of Infantile Medicine, Hospital Center of Saint Louis, La Rochelle (France); Department of Human Genetics, Yokohama City University Graduate School of Medicine, Yokohama (Giappone); Department of Genetics and Genomic Sciences, Icahn School of Medicine at Mount Sinai Hospital, New York, NY (USA).

Per introdurre anche il lettore non specialista allo studio della corteccia cerebrale, affinché possa inquadrare la questione del rapporto tra alterazione molecolare e anatomia della corteccia, si propongono qui di seguito alcuni brani tratti da aggiornamenti degli anni passati.

Fin dall’antichità la superficie del cervello ha attratto l’attenzione per il suo aspetto complesso dovuto al ripiegamento non casuale della parte più esterna della sua struttura: il manto corticale o corteccia cerebrale. Alcune intuizioni sulle sue funzioni si possono reperire già nel cosiddetto “Papiro Chirurgico di Edwin Smith” databile intorno al 3000 a. C., ma solo negli ultimi due secoli la parte più affascinante dell’encefalo è stata messa direttamente in relazione con l’elaborazione di alto livello della percezione, delle azioni, della cognizione, del linguaggio, dei sentimenti e, negli ultimi decenni, la si è studiata come sede della coscienza.

Ben presto si è compreso che il complesso disegno caratterizzato da sporgenze e rientranze è dovuto alla costrizione nello spazio del neurocranio di un tessuto specializzato che, qualora fosse disteso, occuperebbe una superficie tre volte più grande di quella di cui dispone; tuttavia fino ad oggi gli eventi causali che determinano il formarsi delle circonvoluzioni sono rimasti ignoti.

In termini evoluzionistici sembra che il ripiegamento sia stata la conseguenza obbligata di un’espansione rapida e di gran lunga eccedente la possibilità di incremento di volume della scatola cranica. Ricordiamo che il biologo J. B. S. Haldane per primo notò che lo straordinario incremento di dimensioni del cervello umano è la più rapida trasformazione evolutiva conosciuta. Infatti, l’evoluzione da Australopithecus a Homo habilis e quella da Homo habilis a Homo sapiens, si stima che siano avvenute in un arco di tempo che va da 1 milione a 1 milione e 250.000 anni, ossia da 75.000 a 125.000 generazioni[1]. L’esplosivo aumento delle dimensioni encefaliche nei nostri progenitori è in gran parte da attribuirsi all’espansione della corteccia cerebrale per ragioni che rimangono ignote, nonostante il fiorire di numerose ipotesi e teorie non prive di fondamento[2].

Gli studi di anatomia descrittiva del passato avevano riconosciuto e caratterizzato delle costanti morfologiche che hanno suggerito ai ricercatori dei nostri giorni un’importante traccia: il ripiegamento non è casuale, ma forma un disegno globalmente definito derivante da necessità biologiche e vincoli comuni. Se questa configurazione è progressivamente divenuta programma genetico, ciò non deve portarci a sottovalutare il ruolo delle componenti epigenetiche nel corso dell’evoluzione.

Recenti scoperte hanno dimostrato che la tensione meccanica fra neuroni crea le condizioni perché alcune parti siano attratte verso la profondità ed altre spinte a sollevarsi verso l’alto. È anche emerso che una rete di fibre nervose esercita una trazione sulla plastica struttura del manto corticale in formazione durante l’embriogenesi, di fatto determinandone la iniziale plicatura. Sembra che questa stessa rete, nel corso della vita, assicuri il mantenimento della configurazione definitiva e si ritiene che alterazioni di questo network strutturale, sia per alterazioni dello sviluppo che per disturbi acquisiti nell’età adulta, possano avere conseguenze sulla forma del cervello e sulla comunicazione fra le cellule.

La conoscenza dei processi che determinano la morfogenesi macroscopica del manto corticale non si limita a soddisfare una pura curiosità anatomica, ma promette di fornire strumenti utili per la comprensione di alcuni aspetti di patologie quali l’autismo e gli altri disturbi pervasivi dello sviluppo[3].

Dallo stesso aggiornamento si estrae una parte ancora attuale sui rapporti tra caratteri morfologici macroscopici della corteccia e psicopatologia, conservando la veste editoriale originale per paragrafo e sotto-paragrafi:

Simulazioni al computer suggeriscono che le conseguenze dell’azione meccanica del ripiegamento sulla morfologia microscopica hanno anche ripercussioni sulle funzioni delle singole cellule. Infatti, poiché lo spessore corticale è maggiore nelle circonvoluzioni rispetto ai solchi, i dendriti dei neuroni della profondità dei giri costituiscono, per il segnale in entrata, percorsi fino al corpo cellulare molto più lunghi di quelli delle ramificazioni riceventi delle cellule nervose del fondo dei solchi, dove la corteccia è più sottile. La differente estensione del percorso si riflette verosimilmente in una differenza temporale dendriti/soma che dovrebbe condizionare i tempi di scarica secondo un profilo topografico[4].

Questa ed altre differenze desunte dal modello, dovranno essere sottoposte a verifica sperimentale, registrando l’attività elettrica di singoli neuroni corticali nei territori-campione (sommità delle circonvoluzioni, fondo dei solchi, montanti dei giri, ecc.) e confrontando i risultati di cellule nervose omologhe, conformate diversamente per la loro sede[5].

Nel complesso, questi studi relativi all’influenza delle connessioni sulla morfologia e le funzioni corticali, hanno fornito nuovi elementi alla ricerca sui rapporti fra struttura cerebrale e manifestazioni di patologia, quali le psicosi schizofreniche e l’autismo.

5. UN LEGAME CON LA PATOLOGIA. Rispetto ai tentativi pionieristici ed erronei di mettere in relazione la morfologia cerebrale con le funzioni mentali, compiuti nel XIX secolo ed esitati in una pseudoscienza che prese il nome di organologia o frenologia[6], oggi non solo abbiamo una conoscenza molecolare, cellulare e sistemica dell’encefalo che ci pone al riparo da quelle grosse sviste, ma abbiamo anche la possibilità di studiare un numero altissimo di cervelli umani di persone in vita, mediante una metodica poco invasiva e di alta fedeltà anatomica come la risonanza magnetica nucleare.

Poiché è stata più volte rilevata l’esistenza di chiare differenze nel disegno della superficie corticale fra persone normodotate e persone affette da disturbi psichici che si fanno risalire allo sviluppo, si è ipotizzato che la perdita del fisiologico rapporto meccanico fra connessioni e circonvoluzioni, possa avere un ruolo patogenetico.

5.1. Schizofrenia e psicosi correlate. La ricerca che esplora questo legame potenziale è ancora nelle sue fasi iniziali, ma un elemento comune è emerso dal lavoro di numerosi gruppi di ricerca in questi ultimi anni: nel suo complesso, il cervello di pazienti diagnosticati di schizofrenia, presenta un numero minore di circonvoluzioni di quello delle persone non affette. L’interpretazione di questo dato rimane però controversa, perché le presunte aberrazioni morfologiche che giustificherebbero un legame fra struttura e funzione alterata, variano enormemente da caso a caso. Ad oggi, sembra si possa escludere l’esistenza di un’alterazione corticale patognomonica della schizofrenia, ma anche l’esistenza di segni diacritici certi[7].  Con certezza si può solo affermare che il cervello degli schizofrenici differisce dal prototipo in cui rientrano tutti i cervelli delle persone normodotate.

Al livello microscopico, lo studio delle differenze nelle caratteristiche e nella composizione cellulare degli strati corticali non deve essere sottovalutato, anche se il miglior antecedente di questo genere di correlazioni non riguarda un disturbo psichiatrico, ma una disabilità dell’apprendimento, quale la dislessia. Negli anni Settanta, infatti, il neurologo Albert Galaburda della Harvard Medical School rilevò che i neuroni piramidali, ossia le cellule costituenti il principale sistema di comunicazione della corteccia, nei dislessici risultavano spostati dalla sede che normalmente occupano nelle lamine corticali, proprio in corrispondenza di aree legate al controllo del linguaggio e della funzione uditiva.

L’identificazione di un profilo di alterazione citoarchitettonica della schizofrenia non sembra facile, tuttavia nel cervello degli schizofrenici sono già state documentate delle aberrazioni nella densità neuronica degli strati corticali di vari territori del lobo frontale.

Si può ipotizzare che l’alterata distribuzione dei neuroni corticali precluda lo sviluppo del normale pattern di connessioni e, in tal modo, preceda e condizioni la formazione delle sinapsi anomale ritenute la principale origine delle manifestazioni sintomatologiche.

5.2. Il Disturbo Autistico. Il disturbo pervasivo dello sviluppo, spesso definito autismo o autismo infantile, è stato messo da tempo in rapporto con alterazioni delle circonvoluzioni cerebrali. In particolare, nel cervello di coloro che ne sono affetti, alcuni solchi appaiono più profondi e il loro disegno si discosta, sia pur lievemente, da quello fisiologico (Note e Notizie 14-10-03 Autismo: mappa in 3D dei solchi corticali realizzata per la prima volta). Proprio queste evidenze hanno supportato il progressivo affermarsi di una visione nuova della patogenesi di questa sindrome che, attualmente, è considerata il risultato di un’alterazione delle principali connessioni strutturali. Numerosi studi funzionali del cervello autistico hanno infatti dimostrato una riduzione della comunicazione fra aree distanti ed un’accentuazione dei collegamenti funzionali fra aree prossime.

Questo filone di ricerca ci sembra importante, soprattutto perché ci ricorda che un’alterazione psichica è sempre una disfunzione dei sistemi neuronici, anche se la ricerca molecolare delle cause e lo studio farmacologico dei trattamenti, porta spesso a descrivere e persino a concepire i disturbi mentali come semplici squilibri neurochimici[8][9].

Denis Graber e i colleghi americani e giapponesi coordinati da Bertrand Isidor hanno descritto un piccolo paziente che dall’età di due mesi presentava epilessia resistente ai farmaci con un grave ritardo dello sviluppo associato a polimicrogiria asimmetrica del lobo frontale.

Il bambino è stato studiato da un punto di vista genetico e il sequenziamento esomico ha rivelato una variazione eterozigotica de novo nel gene di KCNMA1, in particolare c.112delG, considerata patogena.

Gli autori dello studio osservano che questo primo caso di polimicrogiria associata a canalopatia di KCNMA1 può espandere lo spettro fenotipico delle canalopatie ricondotte a KCNMA1, e accrescere il gruppo identificato di recente di canalopatie evolutive con polimicrogiria. Noi aggiungiamo che può essere una buona occasione per avviare studi multidisciplinari in grado di gettare luce su tutti i processi che portano dall’alterazione molecolare di origine genetica all’alterazione dei piani di organizzazione morfologica in corso di sviluppo della struttura più affascinante del cervello umano.

 

L’autore della nota ringrazia la dottoressa Isabella Floriani per la correzione della bozza e invita alla lettura delle recensioni di argomento connesso che appaiono nella sezione “NOTE E NOTIZIE” del sito (utilizzare il motore interno nella pagina “CERCA”).

 

Giovanni Rossi

BM&L-30 ottobre 2021

www.brainmindlife.org

 

 

 

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La Società Nazionale di Neuroscienze BM&L-Italia, affiliata alla International Society of Neuroscience, è registrata presso l’Agenzia delle Entrate di Firenze, Ufficio Firenze 1, in data 16 gennaio 2003 con codice fiscale 94098840484, come organizzazione scientifica e culturale non-profit.

 

 

 

 

 

 



[1] Haldane J. B. S., On being the right size. Oxford University Press, London 1986.

Attualmente altri studiosi di paleoantropologia hanno proposto stime numeriche diverse, ma la sostanza rimane la stessa.

[2] Vogliamo solo di passaggio fare riferimento a tesi avanzate negli ultimi vent’anni da Peter Wheeler in Gran Bretagna, Konrad Fialkowski in Polonia e Dean Falk negli USA, secondo i quali l’assunzione della stazione eretta, modificando la risposta allo stress da calore solare, avrebbe creato condizioni nel flusso ematico in grado di fare aumentare i neuroni della corteccia che, espansa, sarebbe riuscita a disperdere il calore (fatale per neuroni e glia) agendo da radiatore cerebrale. Accolta inizialmente come una delle tante trovate “eccentriche” in cui ci si imbatte in questo campo, l’ipotesi, suffragata da numerosi studi, è attualmente accettata da molti. L’aumento di neuroni -per questa necessità di adattamento- nella struttura preposta al livello più alto di controllo avrebbe poi facilitato lo sviluppo delle funzioni psichiche umane.

[3] Note e Notizie 21-02-09 LA CORTECCIA CEREBRALE – Origini e conseguenze della sua configurazione. (Prima Parte).

[4] Si veda p. 59 di Hilgetag C. C. & Helen Barbas, Sculpting the Brain, Scientific American 300 (2), 56-61, 2009; e l’articolo del 2006 su PLoS.

[5] Uno studio neurofisiologico di questo genere non è stato ancora compiuto e, a conoscenza di Hilgetag, Barbas e di chi scrive, non è attualmente in corso in alcuno dei laboratori più noti.

[6] Nel 1825 un famoso anatomista, Franz Joseph Gall, pubblicò la sua teoria degli organi mentali che chiamò Organologia – poi ribattezzata frenologia da Johan Kasper Spurzheim – nella quale si postulava la ripartizione del cervello in un certo numero di organi mentali indipendenti, che corrispondevano ad istinti e facoltà, quali l’istinto di riproduzione, l’amore per la propria progenie, il senso del linguaggio, il gusto per le risse e i combattimenti, ecc. (Vedi “Alfred Binet e l’eredità di Gall”, relazione su neurobiologia e neuropsicologia del senso dei numeri, tenuta al “Cognitive Science Club” il 22 settembre 2002, e rielaborata per il “Seminario sul senso dei numeri” della Società Nazionale di Neuroscienze BM&L-Italia nel marzo 2003. Il testo è a disposizione dei soci per la consultazione).

[7] Questo dato sembra concordare con l’insegnamento della nostra scuola che, facendo propria una tesi sostenuta da Giuseppe Perrella già tre decenni or sono, ha spostato l’attenzione sull’organizzazione funzionale microscopica del cervello degli psicotici. In particolare, si ritiene che le alterazioni strutturali e funzionali delle psicosi non secondarie, vadano ricercate prevalentemente nel disegno generale delle connessioni, al livello delle sinapsi e nelle funzioni dei singoli sottosistemi, studiando le anomalie cellulari e molecolari. Un altro aspetto importante del rapporto fra dato anatomo-patologico ed espressione clinica delle psicosi è dato dalla costante osservazione di manifestazioni dello stesso tipo per condizioni cerebrali diverse. Fin dagli anni Ottanta il nostro attuale presidente ha sottolineato la caratteristica dei quadri di patologia psicotica di presentarsi come stereotipi disfunzionali, primitivi o secondari; in proposito si pensi ai casi descritti da Silvano Arieti, come quello del paziente schizofrenico che all’autopsia rivelò un grande glioma del lobo frontale. Cause diverse possono determinare identici quadri psicotici; questo aspetto è una traccia per indagare su una sorta di “reazione globale” del “sistema encefalo” che, quando va oltre un certo grado di gestibilità delle sotto-componenti alterate, si scompensa secondo stereotipi fisiopatologici, che danno luogo alle varie espressioni cliniche caratteristiche delle psicosi.

[8] In molte trattazioni divulgative, ma anche in alcune sintetiche descrizioni concepite per fini didattici, sembra quasi che le alterazioni di recettori e trasmettitori non avvengano nel sistema più complesso che si conosca in natura, ma in un vaso di soluzioni in equilibrio chimico.

[9] Note e Notizie 28-03-09 LA CORTECCIA CEREBRALE – Origini e conseguenze della sua configurazione. (Sesta Parte).